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NON SOLO FOTOVOLTAICO

LE MAGGIORI AZIENDE ITALIANE SCOPRONO LE ENERGIE ALTERNATIVE

 

2009-10-27

Ingegneria Impianti Industriali

Elettrici Antinvendio

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DG

Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

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L'ARGOMENTO DI OGGI

 

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2009-10-27

Alleanze internazionali per Eni

27 ottobre 2009

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All'Eni piace giocare su un apparente paradosso: ben venga una nuova carbon tax a carico delle società energetiche, correlata alle emissioni di CO2. La proposta è arrivata dall'ad, Paolo Scaroni, al Forum sul cambiamento climatico di New York. Un aggravio, per giunta richiesto dagli stessi "inquinatori"? A ben guardare, la proposta di Scaroni ha un altro, ben più raffinato, scopo: correggere le storture degli attuali oneri ambientali. Scaroni propone "una piccola carbon tax" che "attribuendo un costo stabile alla CO2 influisce immediatamente sulle decisioni di investimento". Una tassa che "dovrebbe essere accompagnata da misure per bilanciarne l'effetto sulla distribuzione del reddito. Nel tempo, inoltre, potrebbe essere integrata con sistemi di cap and trade". Con una accise mobile sui prodotti energetici derivati da combustibili fossili e destinati al consumatore finale, da applicare "qualora i prezzi dei prodotti scendano sotto il livello che incentiva gli investimenti in R&S e l'efficienza energetica".

Intanto, il cane a sei zampe è in movimento. C'è l'impegno crescente nei biocarburanti. E la cattura e il sequestro geologico della CO2, dove sta consolidando un'alleanza con Enel abbozzata un anno fa. Un progetto pilota sta prendendo il via: Enel si occuperà della separazione del l'anidride carbonica dai fumi della centrale di Brindisi, Eni sperimenterà l'iniezione e il monitoraggio nel sottosuolo del vecchio stabilimento di Cortemaggiore, nel piacentino. Nel solare fotovoltaico, ma anche in quello termodinamico, si amplia l'alleanza con il Mit di Boston, da 25 milioni di dollari in cinque anni. Obiettivo: sostituire il costoso silicio delle celle attuali con materiali organici e polimerici che promettono costi minori.

27 ottobre 2009

 

 

 

 

L'eco-innovazione di Fiat

27 ottobre 2009

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Il core business di Fiat è green. Può sembrare un'affermazione forte ma per un costruttore di auto, con ambizioni da generalista di respiro internazionale, sviluppo sostenibile e mobilità eco-compatibile sono intrinsecamente legati all'attività primaria. E adesso le quattro ruote devono essere più verdi, magari non necessariamente elettriche o con improbabili soluzioni di frontiera, perché l'auto pulita si deve vendere e, dunque, deve abbinare al rispetto dell'ambiente il piacere di guida.

Una sfida che il Lingotto ha raccolto sviluppando una delle più grandi innovazioni in capo motoristico degli ultimi anni: il MultiAir, tecnologia che ha pesato non poco anche nella scelta di Obama di affidare la decotta Chrysler alla Casa italiana.

Costato 100 milioni di euro, è un sistema elettro-idraulico che gestisce in modo ottimale l'apertura delle valvole di aspirazione nei propulsori a benzina. Il motore così respira bene: la potenza aumenta di circa il 10%, la coppia del 15% mentre la CO2 può calare del 25% e, soprattutto, si abbattono i veri veleni come gli idrocarburi incombusti (-40%).

Il MultiAir equipaggia il 1.400 dell'Alfa Romeo Mito e della Punto Evo, ma il suo futuro è anche nei diesel common rail di prossima generazione e magari aiuterà a rendere più verdi quei Suv e i fuoristrada a marchio Jeep che rappresentano un punto centrale dell'operazione Fiat-Chrysler.

Ma se il MultiAir rappresenta la punta di diamante, non va dimenticata la spinta sul fronte delle alimentazioni alternative. Gpl e metano in Italia pesano ora per il 13% dell'immatricolato totale contro il 3% dello scorso anno, mentre, considerando la Punto, le due alimentazioni a gas pesano rispettivamente per il 15,4 e il 26,8 per cento.

27 ottobre 2009

 

 

 

 

Con la certificazione verde l'immobile ha più valore

di Andrea Curiat

27 ottobre 2009

Le certificazioni verdi? Possono aumentare il valore degli edifici anche del 20 per cento. Così il green building potrebbe divenire il motore per risollevare le sorti dell'edilizia italiana e internazionale. Ne è convinto Mario Zoccatelli, presidente del comitato esecutivo di Green building council Italia, l'associazione non profit che si propone di introdurre nel nostro Paese una versione localizzata della certificazione indipendente di eco-compatibilità edilizia Leed. Stando a quanto afferma l'esperto, "dai dati risulta che il valore di un edificio certificato può aumentare in misura pari al 10-20 per cento. Anche le assicurazioni obbligatorie per i primi dieci anni di vita di un immobile scontano prezzi inferiori, perché la qualità degli edifici è più alta".

Il valore aggiunto garantito dalle certificazioni potrebbe dare nuova linfa a un settore che è ancora fermo ai nastri di partenza. "L'Italia – afferma Raffaello Borghi, responsabile tecnologia e innovazione per Assimpredil – si è appena affacciata sul campo dell'edilizia verde. La crisi ha soffocato qualsiasi slancio sul nascere: ci sono pochi progetti isolati, ma non si può parlare del green building come di un vero e proprio mercato né tantomeno come di un settore a sé stante". Perché la situazione migliori, gli operatori del settore dovranno impegnarsi per sciogliere una serie di nodi cruciali: "Anzitutto – aggiunge l'architetto – non esiste un sentire comune su cosa sia realmente compatibile.

Ci sono tantissime proposte che vanno in direzioni divergenti, e nessuna di queste sembra per ora destinata ad affermarsi sulle altre. Inoltre, l'80% del mercato edilizio è costituito da lavori sugli edifici esistenti, con piccoli interventi virtuosi ma non rivoluzionari. Solo il 20% circa delle opere è volta all'edificazione di nuovi progetti".

Il fosco giudizio di Borghi lascia comunque spazio a qualche spiraglio di luce: "Gli involucri e i ferramenti sono in costante e rapida evoluzione. Anche la normativa attuale sul contenimento dei costi energetici è ben codificata e cogente. Purtroppo, è difficile misurare il ritorno dell'impegno nel green building: sembra sempre che siano gli altri a goderne, e non sempre gli investitori comprendono che un guadagno per tutti coincide con il loro interesse".

Un'edilizia davvero "verde", insomma, sembra già a portata di mano. "È vero – concorda Zaccatelli – lo scenario dell'edilizia verde italiana mostra elementi di arretratezza. Eppure ci sono anche degli spunti di dinamismo, che arrivano prevalentemente dalla scena internazionale e riguardano proprio il ricorso a standard e certificazioni". Sebbene il mercato dell'edilizia sia fortemente territorializzato, aggiunge l'esperto, "le grandi opere da decine o centinaia di milioni di dollari si basano su finanziamenti e investitori internazionali; anche i produttori di componenti esportano sui mercati esteri".

E le certificazioni, Leed in testa, servono proprio a definire dei benchmark internazionali di qualità: "Oggi, nel settore edilizio, una certificato di sostenibilità ambientale equivale già a un attestato di qualità. Indispensabile per inserirsi con successo sulla scena globale". Aderire agli standard non consente soltanto di ridurre le emissioni nocive di CO2 e i consumi di energia, ma porta anche dei concreti vantaggi di mercato. La riqualificazione urbana del quartiere Porta Nuova di Milano costituisce il più importante esempio di "green building" italiano pensato in funzione degli standard di sostenibilità. Presentato in vista dell'Expo 2015 dalla Regione Lombardia e dal Comune di Milano, il progetto mira a sviluppare, entro il 2012, 340mila metri quadri di nuove strutture, riqualificando così 290mila metri quadri di aree dismesse. L'investimento previsto ammonta a 1,2 miliardi di euro in appalti per la realizzazione di opere pubbliche e private, con più di 100 imprese e 10mila addetti coinvolti.

Alle certificazioni esistenti (la statunitense Leed, l'italiana Itaca, la Breeam dal Regno Unito e Hqe per la Francia) si è andato affiancando, a partire dal 2008, l'innovativo sistema di "Green rating" ideato da Bureau Veritas in collaborazione con Aew Europe, Axa Reim, Ge Real Estate e Ing Real Estate. A differenza dei vari label volontari, il Green rating consiste in una pagella che valuta la performance ambientale degli edifici esistenti basandosi su sei indicatori: il rendimento energetico dell'edificio, i trasporti e l'accessibilità alla sede, le emissioni di CO2, la gestione dell'acqua, la salubrità dei luoghi e il comfort abitativo e la gestione dei rifiuti.

Non solo: un'analisi ulteriore fornisce una proiezione del miglioramento che sarebbe possibile ottenere se l'edificio fosse gestito in maniera ottimale o se venissero effettuati interventi strutturali con un tempo di ammortamento non superiore ai 7 anni. I risultati sono elaborati sulla base di criteri omogenei, così da rendere possibile un raffronto tra edifici di paesi differenti. "Il rating – commenta Pietro Foschi, presidente di Bureau Veritas Italia – è utile tanto per i locatari di un immobile, che possono così apprendere i comportamenti virtuosi per ridurre i costi di gestione, quanto per il proprietario, che può comprendere quali interventi convenga effettuare. Ma anche per i gestori di portafogli immobiliari, nostri principali clienti, come indicazione utile per capire quali beni dismettere o acquistare". Entro la fine del 2009, più di 100 edifici in Francia, Inghilterra, Italia, Spagna, Olanda e Germania saranno sottoposti a valutazione. Nel corso del 2010 la pagella verde di Bureau Veritas verrà esportata anche nei paesi dell'Est Europa.

27 ottobre 2009 Non solo fotovoltaico per Enel

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27 ottobre 2009

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Dalla microgenerazione fatta in casa alle grandi centrali. Da Sicilia agli Stati Uniti, passando da tutto lo Stivale e altri quindici paesi europei. Il percorso di Enel nel campo dell'innovazione energetica per abbattere le emissioni di CO2 procede. La consacrazione è avvenuta circa un anno fa, con la nascita di Enel Green power, cui fanno capo tutte le attività nelle rinnovabili. Oggi i Mw installati sono 4.572, ma il piano di espansione prevede di aggiungerne altri 1.900 entro il 2013, con investimenti per 3,7 miliardi.

Il peso delle diverse fonti vede in cima l'idroelettrico, con 2.500 Mw, seguito da eolico (1.200 Mw), geotermico (700 Mw), solare e biomasse. Il piano industriale prevede di intensificare soprattutto la produzione di energia con il vento, aumentandone il contributo dell'80%.

L'estero giocherà un ruolo importante. Gli impianti geotermici di Stillwater e Salt Wells, nel Nevada, si sono aggiudicati un incentivo di 61,5 milioni di dollari, nell'ambito dell'eco-piano Obama. Quanto all'Italia, si punta su un'ulteriore crescita dell'idroelettrico, dell'eolico e del fotovoltaico. La centrale fotovoltaica di Montalto di Castro (Viterbo), con i suoi 6 Mw di potenza, è la più grande d'Italia. Il progetto Archimede a Priolo Gargallo (Siracusa), che sfrutta il solare termodinamico voluto da Carlo Rubbia, a mesi sarà operativo e darà il suo contributo alla limitrofa centrale a ciclo combinato di Enel.

La controllata Enel.si, oltre al fotovoltaico, offre impianti di minieolico da 3 a 200 Kw di potenza. Sul fronte finanziario, l'ad di Enel, Fulvio Conti, ha detto pochi giorni fa che il piano di cessione di una quota dell'azienda è rinviato all'inizio del 2010 e che Enel manterrà comunque il controllo della società.

27 ottobre 2009

 

 

 

 

La Saras ora punta sul vento

27 ottobre 2009

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Anche la famiglia Moratti ha deciso di affiancare al business petrolifero tradizionale della Saras nuove attività verdi. Come il parco eolico di Ulassai, situato in uno dei siti più ventosi d'Italia: circa 2.400 ore di vento all'anno, rispetto a una media italiana di 1.800. L'energia elettrica prodotta dal parco annualmente è sufficiente a soddisfare il fabbisogno energetico di circa 60mila famiglie. "Consideriamo l'investimento nel parco eolico di Ulassai un progetto con buoni ritorni – dice Angelo Moratti, vicepresidente di Saras – e ciò ci induce a progettare un suo ampliamento. Abbiamo quindi progettato un programma di sviluppo per alcune centinaia di megawatt, con piani interessanti anche in Sardegna". Ma Saras punta anche sul biodiesel: nel corso del primo semestre 2009 è entrato in attività in Spagna un impianto per la produzione della capacità di 200mila tonnellate all'anno, totalmente integrato con il deposito di prodotti petroliferi già di proprietà vicino a Cartagena.

27 ottobre 2009

 

 

 

 

Per Pirelli obiettivo 40%

27 ottobre 2009

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Tra chi si è lanciato con decisione nel business verde c'è Pirelli. "La sostenibilità – spiega il presidente, Marco Tronchetti Provera – è da tempo una scelta integrata nelle strategie di crescita e di competitività. Il nostro impegno in questa direzione ci vede da anni ai vertici dei maggiori indici mondiali del settore, si rinnova costantemente e vede quest'anno al centro dei nostri sforzi il continuo miglioramento nei prodotti a contenuto impatto ambientale".

Proprio l'ambiente è uno dei temi centrali del piano industriale 2009-2011. Alla fine del triennio, l'incidenza della componente green sui ricavi è prevista in aumento a circa il 40% del totale, rispetto al 20% di fine 2008.

Per quanto riguarda Pirelli Tyre, il lancio in grande stile del Cinturato (presentato come "lo pneumatico verde" che assicura minori consumi ed emissioni) è stato sostenuto con una campagna autofinanziata di rottamazione. La prossima frontiera? Meno petrolio, più natura. Tra i componenti per la produzione degli pneumatici verrà infatti introdotta la pula di riso. Per non parlare del nuovo polo produttivo di Settimo Torinese, che intende posizionarsi all'eccellenza mondiale per basso impatto ambientale. Senza dimenticare l'attività di Pirelli Ambiente, specializzata in tecnologie per lo sviluppo sostenibile e attiva nelle fonti rinnovabili.

27 ottobre 2009

 

 

 

 

Italcementi va all'assalto dei Pvs

27 ottobre 2009

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Non è un caso che, da tempo, il gruppo Italcementi della famiglia Pesenti abbia fondato Italgen, che opera nel settore delle energie rinnovabili. I numeri sono invidiabili: 80% la quota da fonti rinnovabili sul totale dell'energia elettrica prodotta nel 2008, 14 centrali idroelettriche, tre i progetti per parchi eolici di prossima realizzazione in Marocco, Egitto e Turchia, per finire con 400 chilometri di elettrodotti di proprietà. I ricavi della società si avviano a superare la soglia dei 60 milioni e le attività complessive sono in forte espansione in tutto il mondo.

"La filosofia di Italgen - afferma l'ad Giuseppe De Beni - si basa sulla consapevolezza che non ci può essere sviluppo senza tener conto degli impatti che questo può determinare. Nel nostro caso, sull'esperienza di oltre 100 anni di attività, circa l'80% dell'energia elettrica prodotta deriva da fonti rinnovabili. Un know-how nato in Italia con lo sviluppo di 14 centrali idroelettriche, che ora si è allargato al settore eolico con importanti progetti nel bacino del Mediterraneo, fra cui quello relativo alla realizzazione in Egitto di uno dei maggiori campi eolici al mondo".

27 ottobre 2009

 

 

 

 

 

Cir valorizza la pioniera Sorgenia

27 ottobre 2009

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Sorgenia, pioniera delle rinnovabili in Italia, ha ormai assunto un ruolo centrale nell'universo della holding Cir della famiglia De Benedetti. I ricavi 2008 erano a quota 2,4 miliardi (+30,7%). Il gruppo, controllato da Cir e partecipato dall'austriaca Verbund, ha predisposto un piano di investimenti da circa due miliardi solo per le rinnovabili. Di questa somma, restano da investire circa 1,3 miliardi entro il 2015. Sorgenia è il primo operatore privato nel fotovoltaico in Italia con 13 megawatt installati e dispone di impianti eolici per circa 200 megawatt tra Italia e Francia. Gli impianti sono in tutto il Mezzogiorno e nelle isole, mentre quelli eolici sono localizzati in Umbria, Puglia e Campania.

"Abbiamo deciso di destinare alle rinnovabili quasi la metà degli investimenti di Sorgenia – indica Rodolfo De Benedetti, Ad di Cir e presidente di Sorgenia – perché siamo convinti che una società energetica di nuova generazione, nata nel 1999 con la liberalizzazione del mercato, possa avere opportunità di crescita più interessanti in queste attività, che hanno determinato negli ultimi anni una forte discontinuità in tutto il settore".

Sorgenia ha diversi impianti in costruzione e punta ad avere 50 megawatt di fotovoltaico e 450 megawatt di eolico entro il 2012 in Italia e 650 megawatt di eolico entro il 2015 in Francia. Nel settore delle biomasse a filiera corta, è in costruzione un impianto da un megawatt nel senese, con l'obiettivo di arrivare a circa 40 insediamenti di questo tipo. La società dispone inoltre di poco meno di 10 megawatt di generazione idroelettrica, ai quali vanno aggiunti gli oltre 60 megawatt della partecipata Tirreno Power. Lo scorso anno, infine, lo sbarco in Romania, dove ha in programma di sviluppare impianti eolici per 340 Mw. Complessivamente, si prevede che nel 2012 oltre il 20% della capacità di generazione di Sorgenia deriverà da fonti rinnovabili.

27 ottobre 2009

 

 

 

 

 

Il Sud Eldorado delle rinnovabili

27 ottobre 2009

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A uno scenario come quello tracciato, Confindustria guarda con attenzione. C'è un vicepresidente per l'Energia e il mercato, Antonio Costato, e una Commissione sviluppo sostenibile, presieduta da Aldo Fumagalli Romario (sul Rapporto del Sole 24 Ore del 21 luglio), attivi a tutto campo su questi temi. E sul fronte green energy lavora Paride De Masi, coordinatore nazionale per le energie rinnovabili e uomo del Sud più produttivo. "Nell'eolico, fotovoltaico e biomasse - afferma - nei prossimi 4-5 anni ci saranno investimenti per 20 miliardi di euro. Cinque di questi saranno investiti in Puglia, il resto nel Mezzogiorno che, per caratteristiche climatiche, si presta bene a ricoprire un ruolo di guida. Entro il 2020 nelle rinnovabili saranno investiti 100 miliardi di euro, che creeranno almeno 250mila nuovi posti di lavoro".

Dopo Kyoto - ricorda De Masi, che è anche autore del libro "Critica della ragion fossile" – gli stati si sono impegnati ad aumentare le proprie quote da energie rinnovabile. L'Italia dovrà arrivare al 17% dall'attuale 8%, e la maggioranza di Gw/h arriverà dalle regioni meridionali. "La mia Puglia già ora produce il doppio del proprio fabbisogno energetico", conclude soddisfatto.

Il Mezzogiorno (potenza della rivoluzione verde!) può risollevarsi con il green business? Non è dato saperlo, al momento. Ma le grandi manovre del capitalismo italiano, in particolare nei campi eolici e solari al Sud, lasciano ben sperare. Il resto, alle prossime puntate.

27 ottobre 2009

 

 

 

 

 

Dieci miliardi nello scrigno "green"

di Jacopo Giliberto

Martedí 27 Ottobre 2009

L'abc dei green job

Con il programma "Last Minut Market" recuperati 4milioni di euro per i più deboli

Speciale Nuove Energie

La green economy piace. La spinta a essere ecologici nasce in parte dal mercato: i consumatori sono cambiati, e nel momento di scegliere un prodotto guardano con attenzione la componente ambientale. In parte sono mutate le aziende e gli imprenditori sono più sensibili al tema dell'ecologia. E infine c'è la grande politica internazionale, la tendenza di fondo che è stata interpretata per esempio dal presidente statunitense Barack Obama.

Perché le politiche dei maggiori paesi si orientano verso un'economia verde? Certamente, per il motivo "etico" di preservare la natura. "Per contenere i costi che potrebbero essere prodotti dal cambiamento del clima", osserva Carlo Corazza, a capo della rappresentanza della Commissione europea a Milano. Ma anche perché "il mercato del dopo-crisi si gioca sugli standard tecnologici di domani – afferma Corrado Clini, direttore generale del ministero dell'Ambiente e negoziatore internazionale ai grandi ecosummit – e chi rimarrà indietro sulla tecnologia verde perderà la gara al business".

Quanto vale il mercato verde? Non è calcolabile nel dettaglio. I business sono dispersi in segmenti diversissimi. Ma una stima sommaria si può azzardare: siamo nell'ordine di un fatturato sui 10 miliardi di euro. "Nel complesso il settore ambientale (rifiuti, energie rinnovabili, disinquinamento, salute e sicurezza, risorse agro-forestali) occupa circa 300mila addetti – stima Alessandro Marangoni, docente alla Bocconi e analista dell'economia ambientale – dei quali circa un terzo nella gestione rifiuti. In questo settore solo le imprese private (350 con 20mila occupati) fatturano circa 2,5 miliardi. Nelle fonti rinnovabili di energia il fatturato 2008 è stimato in circa 5,5 miliardi di euro, con un'occupazione di circa 30mila unità (solo rinnovabili "nuove", escluso cioè le tecnologie vecchie come l'idrolettrico)".

Secondo l'economista, per le rinnovabili è prevista la creazione di circa 100mila posti di lavoro in 10 anni e "il comparto delle energie rinnovabili è uno tra i più dinamici della green economy, al quale guardano sempre più investitori e mercati finanziari. Il settore è uno dei pochi in forte crescita in questa fase di crisi generalizzata: nel 2008 in Europa – conclude Marangoni – oltre la metà della nuova capacità produttiva del settore elettrico è stata generata da fonti pulite".

Quella della green economy "è una tendenza che sarà impossibile ribaltare", diceva l'altro giorno il ministro delle Politiche comunitarie Andrea Ronchi. Se novanta colossi come General electric, Volvo e Air France hanno invitato i governi a fissare obiettivi per la riduzione di gas serra, "la green economy è un imperativo condiviso a tutti i livelli, un dato di fatto".

Ma che cos'è la green economy? Se fino a qualche anno fa la "sostenibilità" era per le imprese una fonte di costo, era l'obbligo di adeguarsi alle normative o un impegno volontario per diventare un'azienda migliore, oggi la "green economy" è quel segmento economico che non è più una voce di costo ma diventa un'occasione di fatturato, di arricchimento (in senso stretto ma anche in senso figurato). La "green economy" è proiettata verso l'esterno, verso il mercato.

Infatti è un fiorire di idee, progetti e investimenti. La maggior parte va verso la facile soluzione dell'energia fotovoltaica, ben incentivata. Secondo il primo rapporto sull'energia fotovoltaica realizzato dalla Camera di commercio di Milano e dal Politecnico di Milano, in Lombardia ci sono 6.024 impianti per una potenza di quasi 57 megawatt (che si stima quadruplicabile nel 2011). È la prima regione per numero di impianti (15,6% del totale) seguita da Emilia-Romagna (10,1%) e Veneto (9,3%) mentre è seconda per potenza prodotta (11,6%) dopo la Puglia (12,5%). È un business: per esempio la Candit Frucht (leader europeo nelle canditure) ha deciso di investire e di avviare la rappresentanza italiana di un produttore Usa di pannelli.

Ma non c'è solamente l'energia dal sole. Nascono società di servizi ambientali. La Sendeco ha una delle principali borse delle emissioni di anidride carbonica, e l'Ecoway negozia per conto delle aziende le quote di emissione. Nino Tronchetti Provera tramite il fondo Ambienta I ha raggiunto i 217,5 milioni di euro ed è il più grande fondo europeo specializzato in investimenti nel settore ambientale. La Sutter di Genova (d'intesa con il Wwf) e la Chanteclair lanciano i detergenti ecologici in fialetta, da allungare con l'acqua.

L'Ecomen usa prodotti riciclati per ottenere sottofondi stradali di qualità e l'Intec ricicla le terre di scavo nei conglomerati di calcestruzzo, mentre un'azienda centenaria come la Boldrocchi di Biassono (Milano) è leader nella depurazione industriale dell'aria: sue le tecnologie adottate dall'Enel nella centrale elettrica a idrogeno – la prima al mondo – in completamento a Marghera. A Torino si è appena tenuta la dodicesima edizione del Cinemambiente Environmental Film Festival. La Total ha messo nella stazione di servizio Arda Ovest di Fiorenzuola (A1) i pannelli solari e l'asfalto mangiasmog: è a impatto zero perché annulla tutto l'inquinamento prodotto dalle auto che vi passano.

Si muovono anche le amministrazioni pubbliche. L'Agenzia delle entrate ha vinto il premio CompraVerde perché ha lanciato una gara per la fornitura di energia elettrica 100% verde destinata per due anni a tutti uffici delle direzioni centrali. La Fondazione Gianni Pellicani ha stimato in 880milioni gli investimenti pubblici e privati (in parte attivati e in parte previsti) per trasformare Marghera nel polo della green economy.

Ci sono poi le fiere, come le due maggiori Ecomondo a Rimini (in programma da domani) e Solarexpo di Verona (in primavera). Ma anche – qualche nome tra mille – Zeroemission di Roma, Enersolar e Greenenergy alla Fiera di Milano (a fine novembre) o Energethica di Genova. Anche le fiere non specializzate nel tema "green" dedicano sezioni al settore ecologico: per esempio a Parma la rassegna Cibus (con la Conergy la Fiera di Parma ha avviato un impianto fotovoltaico da 1,7 megawatt) ha lo spazio CibusTec dedicato al rapporto tra agricoltura e ambiente.

Tanta attività, ma i consumatori sono pronti ad assecondare l'offerta verde? In teoria gli italiani si sentono virtuosi dell'ambiente, ma non si tocchi l'automobile. Lo afferma uno studio condotto dall'Ispo di Renato Mannheimer. "La ricerca sulla green economy – dice Carlo Iacovini, presidente di GreenValue, promotore dello studio – ha confermato quella sensazione ormai diffusa che vede l'ecologia come un valore proprio del vissuto comune". Stando alla ricerca, il 92% degli intervistati ritiene necessario integrare economia con ambiente, soprattutto investendo nelle tecnologie.

Gli scarichi industriali sono ritenuti la causa principale dell'inquinamento, seguiti dal traffico. Dentro le mura domestiche l'86% del campione intervistato afferma di usare prodotti ecologici e adottare comportamenti sostenibili, ma guai a toccare loro l'auto: basta con i limiti al traffico, dicono; meglio spendere per nuovi autobus.

Per chiudere questa prima puntata merita qualche riga l'idea di green economy forse più inconsueta. I canali di Venezia, si sa, sono costeggiati dalle briccole, cioè quei pali di legno cui vengono legate le barche. La Bizeta guidata da Fabrizio Bettiol sta realizzando briccole e pontili di plastica riciclata insieme con trucioli di legno di ricupero. Ecologia per le gondole.

Martedí 27 Ottobre 2009

 

 

 

Con il programma "Last Minut Market" recuperati 4milioni di euro per i più deboli

di Andrea Curiat

27 ottobre 2009

"Nei primi 9 mesi dell'anno abbiamo recuperato quasi 900 tonnellate di cibo del tutto sano e commestibile che altrimenti sarebbero andate sprecate. In totale, si parla di 1,8 milioni di pasti offerti alle fasce più deboli della popolazione, per un controvalore complessivo di circa 3 milioni di euro".

Così Andrea Segrè, preside della facoltà di agraria dell'Università di Bologna, commenta i risultati del programma Last minute market (Lmm) di cui è ideatore e responsabile. Il progetto, attivo da oltre 10 anni, si propone di recuperare tutti quei beni destinati a restare invenduti sul normale circuito commerciale a causa di difetti minori (confezioni ammaccate, data di scadenza ravvicinata e così via) tali da non inficiarne funzionalità e sicurezza. Il cibo, i prodotti farmaceutici e tutti gli altri prodotti così salvati dal macero vengono distribuiti ad organizzazioni non lucrative attive sul territorio, per poi essere ridistribuiti in loco ai bisognosi.

"Ad oggi, siamo operativi in oltre 40 città italiane – aggiunge Segrè – risultato di tutto rispetto per una società spin-off di un istituto universitario". I numeri descrivono chiaramente il successo dell'iniziativa del professore, cui hanno già aderito 12 ipermercati, 2 mercati all'ingrosso, 74 negozi alimentari e non, 10 aziende agricole, 35 mense scolastiche, 13 farmacie e persino 20 case editrici. Il risultato? Quasi quattro milioni di euro recuperati, di cui 30mila in farmaci e 720mila in prodotti per la persona. Il tutto nel giro dei primi 9 mesi del 2009.

"Ancor più importante di quel che abbiamo già conseguito – sostiene l'ideatore di Lmm – è ciò che potremmo ottenere se tutti gli operatori delle tipologie di vendita aderissero al progetto Last minute market. Potremmo recuperare 244mila tonnellate di beni per un valore di 928 milioni di euro, erogando 580 milioni di pasti l'anno per 630mila persone. Si risparmierebbero inoltre 291mila tonnellate di Co2 prodotta per lo smaltimento di questi stessi beni come rifiuti, per la cui neutralizzazione sarebbero necessari 586 milioni di metri quadri di area boschiva. Come a dire 117mila campi da calcio".

Secondo Segré, infine, il bilancio tra costi e benefici del Lmm è positivo per tutti gli operatori coinvolti nel progetto, dalle imprese alle associazioni assistenziali: "Gli enti non profit devono sostenere le spese per il breve trasporto della merce e per il personale dedicato, ma potrebbero usufruire gratuitamente di alimenti e prodotti di prima qualità; le imprese commerciali necessitano di una lieve modifica ai processi di gestione interna, ma vedono ridursi i costi di smaltimento rifiuti e ne guadagnano in termini di immagine per la migliore responsabilità sociale d'impresa. Le amministrazioni locali fanno fronte ai costi di attivazione, gestione e coordinamento del progetto, ma hanno benefici ambientali, sociali e sanitari oltre che di ottimizzazione delle risorse".

Ma l'impegno di Last Minute Market e dell'Università di Bologna per la sostenibilità dei consumi non si ferma qui: nei prossimi giorni, infatti, verranno presentati i risultati del nuovo indice Carocibo, volto a calcolare il costo economico sostenuto dai cittadini per potersi permettere una sana e corretta alimentazione.

27 ottobre 2009

 

 

 

 

L'abc dei green job

di Eleonora Della Ratta

27 ottobre 2009

Lo sviluppo di un'economia sostenibile è l'occasione per creare nuove professioni o aggiornare attività classiche in chiave ecologica. I mestieri verdi sono in continua evoluzione, interessano tutti i settori e richiedono una preparazione sempre più mirata già a partire dall'università.

Dalla A di auditor ambientale alla Z di zoologo, ecco quali sono le professioni più richieste.

A

AUDITOR AMBIENTALE

L'auditor è la figura professionale che, all'interno dell'azienda, dovrebbe creare più posti di lavoro. Sarà quindi un ispettore che avrà il compito di verificare l'ottemperanza di tutte le disposizioni comunitarie applicate ai processi d'impresa. Nella grande industria egli sarà responsabile di un team di persone: le sue competenze, oltre che tecniche e legali, saranno anche manageriali.

Formazione. Per diventare auditor è necessario avere una competenza approfondita delle tecniche di auditing, ma anche dalle normative dei regolamenti ambientali e delle certificazioni. Corsi specifici vengono organizzati dalle università, come per esempio il master in Management delle imprese di servizi energetici e ambientali, ma anche dalle scuole Emas presenti nelle principali province italiane.

B

BIOINGEGNERE

Le biotecnologie stanno avendo uno sviluppo sempre maggiore in tutta Europa, con applicazioni a livello industriale nei settori più diversi, dal packaging alimentare e farmaceutico, alla produzione di bottiglie, componentistica auto o fibre tessili totalmente bio. Centri di eccellenza sono presenti anche in Italia e la ricerca di figure specializzate è in crescita: sono necessari in particolare bioingegneri, che abbiano competenze di ingegneria industriale e di alcuni processi generalmente insegnati nell'ambito dell'ingegneria biomedica.

Formazione. È una professione totalmente nuova per la quale non è previsto ancora un percorso formativo ad hoc. I tradizionali corsi di laurea in bioingegneria si concentrano soprattutto nel campo medico, ma alcune università, tra cui Padova hanno attivato all'interno della facoltà dei corsi dedicati proprio allo studio di materiali industriali biocompatibili. È possibile trovare percorsi di studio adatti, per esempio, anche nei Politecnici di Milano e Torino e all'Università dell'Aquila.

C

CERTIFICATORE ENERGETICO

Il certificatore energetico è un professionista accreditato, laureato, in grado effettuare una diagnosi energetica dell'edificio e produrre un attestato di certificazione eventualmente utile a fini fiscali, per il rogito di un immobile o per l'edificazione di una nuova costruzione. La legge che impone la certificazione energetica sugli edifici all'atto della compravendita ha aperto la strada a questa nuova professione. Al momento non è possibile quantificare quanti certificatori esistono in Italia, ma 9.000 sono solo in Lombardia, dove esiste un albo apposito

Formazione. I requisiti minimi dipendono dalla legislazione regionale: in genere è necessario avere almeno un diploma o una laurea di primo livello, meglio se in ingegneria, ed è necessario aver frequentato un corso abilitativo, come quelli organizzati dal Cened. In alcune regioni è iscritto ad un apposito albo dei certificatori.

D

DIALOGATORE PER L'AMBIENTE/ DISASTER MANAGER

E' un professionista altamente qualificato che lavora all'interno della Protezione Civile e può anche essere consulente esterno: insomma è colui che cerca di "difenderci" contro le calamità naturali (inondazioni, dissesto idrogeologico, incendi e terremoti che colpiscono la nostra penisola). Il responsabile di pianificazione a difesa del suolo è un tecnico altamente professionale, ingegnere o geologo, che progetta e pianifica la cura del territorio (pulizia del bosco, percorsi di riforestazione, pulizia acque nostrane, terremoti).

Formazione. Le prime figure di disaster manager italiani furono formate dalla Protezione Civile a partire dal 1995/96. Oggi questi corsi vengono organizzati nelle singole regioni. Per un calendario completo è possibile consultare il sito dell'associazione italiana distaster manager.

E

ENERGY MANAGER

Il consulente energetico è colui che propone un uso intelligente dell'energia a famiglie e imprese. Per legge, gli energy manager lavorano nelle grandi industrie o presso enti pubblici e privati, ma in futuro essi saranno a disposizione di piccole e medie imprese e degli utenti per un utilizzo più nazionale dell'energia. Il profilo professionale di questo specialista è quindi quello di un tecnico con una laurea in ingegneria o in architettura.

Formazione. Per diventare energy manager è necessario essere inseriti in un apposito elenco curato e gestito dalla FIRE per incarico del Ministero delle Attività produttive. Master specifici per preparare a questa professione vengono organizzati dalle università nelle facoltà di economia, ma anche Fire ed Enea offrono corsi di aggiornamento.

F

FOTOVOLTAICO

Grazie agli incentivi del conto energia, anche in Italia si stanno diffondendo gli impianti fotovoltaici e, secondo i dati Wwf, nel solare fotovoltaico il Paese offre 1.700 posti di lavoro, ma con un trend in crescita (basta pensare che in Germania sono oltre 23mila). Spazio ai progettatori, in gran parte ingegneri meccanici riconvertiti, agli installatori e ai manager: nel settore sono necessari professionisti con competenze che spaziano dall'analisi, studio e progettazione dei sistemi fotovoltaici alla gestione e manutenzione degli impianti. Le università, per esempio Roma Tor Vergata, hanno attivato specifici master in ingegneria del fotovoltaico.

Formazione. Corsi avanzati di installazione vengono organizzati da associazioni come Kyoto Club, mentre per la progettazione sono gli ordini regionali degli ingegneri a offrire corsi di aggiornamento per i propri iscritti che vogliono specializzarsi nel settore.

G

GREEN JOB

Il termine inglese indica i "mestieri verdi", tutte quelle professioni che sono nate o si sono sviluppate intorno all'industria e ai servizi di stampo ecologico. I green job hanno dato un'occupazione a 3,4 milioni di lavoratori in Europa e, per facilitare l'incontro tra domanda e offerta, in Italia è nato il primo sito internet di annunci di lavoro verdi. Ispirandosi a siti stranieri come Environmentjob, il portale italiano è dedicato alla ricerca del lavoro e alla selezione del personale orientato all'ecologia, alle professioni legate allo sviluppo della green-economy e alle energie alternative.

I

INSTALLATORE

Che si tratti di impianti fotovoltaici o di pannelli solari, i tecnici più richiesti dal mercato del lavoro sono gli installatori. Spesso si tratta di ingegneri e tecnici con competenze nell'ambito dell'energia rinnovabile che adattano le proprie conoscenze di base per la progettazione e l'installazione di impianti solari termici o fotovoltaici. Con lo sviluppo del settore, però, sono nati professionisti già specializzati nel ramo delle rinnovabili. Diversi i percorsi: gli installatori di impianti fotovoltaici provengono in genere da un'esperienza come impiantista nel ramo dell'energia elettrica, mentre la progettazione è seguita da ingegneri o architetti.

Formazione. Corsi avanzati di installazione vengono organizzati dalle associazioni o dalle imprese più grandi per i propri addetti, mentre per la progettazione sono gli ordini regionali degli ingegneri e degli architetti a offrire corsi di aggiornamento per i propri iscritti che vogliono specializzarsi nel settore.

K

KYOTO PROTOCOLLO

Non rispettare i parametri fissati dal protocollo di Kyoto, in vista degli obiettivi da raggiungere entro il 2012, ci costa 42 euro al secondo. Il debito per il 2008 è stato stimato intorno a 1,3 miliardi di euro per lo sforamento dei limiti di emissioni di CO2. Per questo lo sviluppo di settori come la bioedilizia, le costruzioni a basso impatto energetico e una mobilità verde (lo sforamento climatico nel settore trasporti è del 27%, secondo i dati Wwf) sono necessari per rispettare gli impegni con l'Unione europea, oltre ad essere una possibilità di sbocco occupazionale.

L

LEGGE

Anche gli avvocati sono diventati verdi. Non esiste ancora una formazione specifica, ma per chi, dopo la laurea in giurisprudenza e l'abilitazione, si specializza come eco-avvocato, il lavoro non manca. Richiesti da enti e aziende il giurista esperto in legislazione verde permette di orientari tra le leggi sull'ambiente, sempre più rigide e restrittive. Sono soprattutto gli impianti chimici e petrolchimici ad avvalersi della consulenza, ma anche le pubbliche amministrazioni. Gli studi legali più grandi dedicano un professionista specializzato anche alle imprese che vogliono allargare il proprio business ai settori dell'innovazione sia in Italia che all'estero, grazie a competenze sulla legislazione internazionale. Molte università hanno attivato Master di specializzazione su tematiche relative al diritto ambientale e permettono ad un neo laureato di trovare velocemente un proprio ramo di attività ancora poco battuto, con retribuzioni che partono dai 20mila euro lordi l'anno.

M

MANAGER VERDI

Come liberi professionisti o in un team di esperti gestiti dalle società di consulenza, i manager verdi sono molto richiesti dalle aziende per far fronte ai problemi di risparmio energetico, certificazione e sostenibilità ambientale. Si tratta di esperti dell'ambiente, con conoscenze nel settore delle energie rinnovabili, degli aspetti regolatori e normativi. Seguono tutti i settori dell'azienda, dall'acquisto alla certificazione, fino al marketing e alla strategia d'impresa per diffondere anche tra i dipendenti la cultura verde. La retribuzione, in una grande azienda, può arrivare fino ai 90 mila euro lordi all'anno.

N

NUOVE PROFESSIONI

La green economy ha offerto spazi per la nascita di nuove professioni, ma soprattutto per la riconversione di attività classiche in una versione eco. È il caso degli ingegneri, dei tecnici installatori, dei chimici ma non solo. L'aumento della domanda nel settore delle rinnovabili comporta anche una riconversione dei lavoratori, delle aziende e dei distretti in crisi: basta pensare a quanto è accaduto nell'Etna Valley in Sicilia. La nascita di nuove imprese genera anche la richiesta di tecnici commerciali di energie rinnovabili, professionisti in grado di setacciare il territorio alla ricerca di opportunità e occasioni per la costruzione di impianti solari, eolici o a biomassa.

 

O

ORGANIZZATORE DI EVENTI

Tutte le professioni si possono rinnovare con un'anima ecocompatibile: gli organizzatori di eventi non fanno eccezione e si stanno sviluppando agenzie in grado di garantire un convegno, ma anche un matrimonio, a basso impatto. L'idea è quella di utilizzare materiale riciclato per i documenti cartacei, offrire buffet a base di prodotti a chilometri zero, dare in omaggio cartelle in tessuto o altri oggetti altamente biodegradabili. Un modo originale per reinventare una professione che, negli ultimi anni, ha sofferto di una forte concorrenza.

P

PROGETTISTA VERDE

Fino ad oggi i progettisti di aree verdi erano specializzati in giardini zen o all'italiana, in base al gusto dei clienti. Oggi anche in questo settore il basso impatto è diventata la regola e l'architettura naturale, come viene definita, richiede sempre più spesso il coinvolgimento di queste figure professionali per realizzare ambienti in cui la struttura edilizia e lo spazio verde sono sempre più integrati. Giardini che tornano ad essere anche orti, seguendo l'esempio della first lady Michelle Obama, che ha fatto da apri pista, seguita a ruota dalla regina d'Inghilterra. Il progettista è in genere un architetto ed è una figura molto richiesta anche dagli enti locali per la gestione degli spazi verdi e dei giardini.

Q

QUALITY MANAGER

È un professionista che, attraverso le proprie consulenze, riorganizza le attività aziendali, le ottimizza e consente di raggiungere la certificazione di qualità e quella ambientale. Un riconoscimento dell'Uni (Ente Nazionale Italiano di Unificazione) che diventa anche un marchio per i prodotti o per l'azienda: le imprese che spontaneamente decidono di osservare le norme ISO 14001 si sottopongono alla valutazione di un soggetto certificatore esterno, che verifica periodicamente il rispetto delle norme ambientali relative agli scarichi, alle emissioni, ai rifiuti. Il Quality Management imposta un sistema ambientale e una gestione della qualità che rispetti la normativa.

R

RIFIUTI

La riduzione e gestione dei rifiuti è un problema ad ampio raggio che offre spazio per numerose attività. Nel settore dell'imballaggio, per esempio, sono richiesti chimici e bioingegneri capaci di portare avanti la ricerca per ottenere materiali ecocompatibili al 100%, come le bioplastiche. Sul fronte dello smaltimento, invece, sono richieste figure tecniche.

Formazione. All'Università di Siena è nato un master in Geotecnologie ambientali che forma professionisti in grado di progettare e gestire gli impianti di smaltimento dei rifiuti, la bonifica di siti contaminati, valutando l'analisi del rischio e valutazione dell'impatto ambientale.

S

SOSTENIBILITA' AMBIENTALE

È la parola d'ordine per tutti i tipi di prodotto immesso sul mercato: ridurre l'impatto negativo dei sistemi di produzione è alla base delle aziende del futuro. Ma è anche un brand, perché i consumatori sono sempre più attenti a ciò che è "eco". Una tendenza che rende necessarie competenze mirate a tutti i livelli e in ogni settore, dalla mobilità ai servizi: fondamentale è la ricerca su cui le imprese e gli enti pubblici devono investire per trovare soluzioni innovative. Ecco che quindi i aprono porte per biologi, chimici e ingegneri interessati a migliorare i materiali, il sistema di produzione, la modalità di smaltimento dopo l'uso e gli effetti ambientali di ogni singolo prodotto.

T

TOUR OPERATOR

Sempre più turisti sensibili verso la natura e il paesaggio, i luoghi a rischio di contaminazione, un rapporto stretto con il mondo verde. E i tour operator si adeguano affidandosi a professionisti preparati come guide naturalistiche, qualcosa in più rispetto alla tradizionale guida turistica ma diversa anche dalla guida alpina. Il suo compito è di accompagnare gruppi o singoli alla scoperta delle meraviglie ambientali attraverso nuovi itinerari: può essere richiesta la laurea in biologia o scienze naturali o simili, ma sono fondamentali discrete conoscenze di botanica, geologia e zoologia.

U

UNIVERSITA'

Corsi di laurea e master si adeguano, anche se lentamente, al mercato del lavoro e offrono percorsi formativi ad hoc per le professioni verdi. Oltre alle tradizionali scienze naturali e biologia, anche ingegneria, architettura e scienze della comunicazione prevedono corsi di laurea dedicati all'ambiente. I master, in particolare, uniscono questioni normative e ambientali, puntando soprattutto sulle problematiche di interesse di amministrazioni ed enti pubblici. Anche il ramo dell'economia si tinge di verde, con master dedicati a temi strategici per le imprese quali i cambiamenti climatici, le fonti rinnovabili e la finanza legata all'ambiente.

V

VALUTAZIONE IMPATTO AMBIENTALE

Non c'è mattone che possa essere posato senza la valutazione di impatto ambientale, uno strumento che permette di individuare, descrivere e valutare gli effetti dell'attuazione o meno di un determinato progetto. I tecnici in grado di preparare questo tipo di documentazione sono in genere diplomati o laureati e hanno completato la loro formazione attraverso percorsi interdisciplinari, così da essere aggiornati sia sulle evoluzioni normative a livello locale, nazionale e comunitario in tema di valutazione di impatto ambientale, che sul piano tecnico-scientifico. Lavorano come liberi professionisti o all'interno delle aziende.

W

WWF

È lo studio del WWF "Low carbon jobs for Europe" (Lavori a basso contenuto di carbonio per l'Europa) a dare una dimensione allo sviluppo dei lavori verdi: con circa 3,4 milioni di posti di lavoro in tutta Europa, le attività economiche ecologiche stanno superando le industrie inquinanti (2,8 milioni). Con una crescita significativa in tutti i settori, in particolare eolico, solare fotovoltaico, biomasse, mobilità pubblica e settore edile che vanno a incrementare le file nei settori correlati con altri 5 milioni di posti.

Z

ZOOLOGO

L'attenzione sempre più diffusa verso una coscienza ecologica ha trasformato questa figura professionale che oggi si trova a svolgere, soprattutto nei grandi parchi, le mansioni del manager oltre a quelle dello studioso di scienze naturali. Accanto alla difesa del patrimonio zoologico e naturale locale, deve avere la capacità di gestire e coordinare il personale, oltre a pianificare le attività del parco naturale, anche in relazione con progetti di sviluppo turistico ed educativo.

27 ottobre 2009

 

 

 

La misura della parità per il fotovoltaico

di Marco Magrini

22 ottobre 2009

Quanto costa la bolletta domestica del sole?

Videoforum / Il prezzo del fotovoltaico. Italia vicina alla grid parity

La grid parity è il grande punto d'arrivo dell'industria fotovoltaica. Il traguardo verrà raggiunto il giorno in cui l'energia del sole sarà conveniente come l'energia dei combustibili fossili. Non sappiamo quando quella congiunzione astrale accadrà: anche se, sulla spinta del progresso tecnologico, sarà comunque inevitabile. Ma il guaio è che non sappiamo neanche come. E questo, è il grande dilemma di Giovanni Simoni.

Ingegnere, classe 1940, Simoni ha cominciato a occuparsi di energia solare negli anni 70, quand'era addetto scientifico all'ambasciata italiana di Londra. Poi, prima di approdare alla Montedison, nel lontano 1981 è stato amministratore delegato di Pragma, la società dell'Eni che aveva in animo di produrre impianti fotovoltaici. "Tutti parlano di grid parity - dice oggi Simoni da presidente di Kenergia, un gruppo integrato del fotovoltaico – ma la sua definizione è incerta. Nessuno sa come calcolarla".

A detta di Simoni, "è un insieme di condizioni da raggiungere": il costo dell'investimento, il costo del denaro (qui non stiamo parlando del fotovoltaico casalingo, ma degli impianti da decine di megawatt che possono veramente alleviare la dipendenza da gas e carbone), la durata di vita dell'impianto (ovvero la qualità dei pannelli di silicio) e la latitudine, cioè la quantità dell'irraggiamento solare.

Per confrontare i costi del chilowattora fotovoltaico con quello convenzionale però, non c'è neppure un chiaro parametro di riferimento. "Abbiamo scelto di confrontarci con le centrali a gas di picco, quelle che entrano in funzione quando c'è forte domanda di elettricità", racconta Simoni. "Quindi, circa 15 centesimi a chilowattora". Il fotovoltaico oggi, è intorno ai 24: "Sembra poco, ma in termini percentuali è rilevante".

Una volta stabilito questo, c'è da misurare la resa del fotovoltaico. Mica facile. "La qualità - aggiunge Simoni a titolo d'esempio – è una discriminante: in giro ci sono un sacco di pannelli solari difettosi", nonostante i costruttori promettano una vita media di vent'anni e oltre. Ma per misurare la grid parity, bisogna attrezzarsi seriamente.

Kenergia ha deciso di farlo. Con un'operazione da 30 milioni di euro, l'azienda di Simoni si prepara a costruire in Puglia, nel Comune di Gravina, un impianto da 40 Mw, già battezzato "Grid Parity 1". È un impianto disegnato apposta per misurare l'efficienza delle tecnologie a disposizione (oltre, ovviamente, a produrre elettricità). "Sarà diviso in almeno quattro parti indipendenti, ognuna con una tecnologia diversa": pannelli tradizionali, pannelli ad alta qualità (che in teoria hanno un'efficienza di conversione del 20%), pannelli "inseguitori" (con un motore che li orienta in direzione del sole) e pannelli a film sottile. "Già così si potranno misurare le diverse soluzioni", dice Simoni, che allo scopo ha anche fondato l'associazione Grid Parity Project, alla quale partecipano fra gli altri SunPower, Api Nova Energia, lo studio legale Norton Rose e Bnp Paribas.

"La misurazione, fatta con appositi strumenti, avverrà in un luogo perfetto: sotto il sole di Puglia, ma a 400 metri di altezza", perché quando la temperatura è troppo elevata la resa del silicio diminuisce. "Se tutto va bene, l'impianto sarà operativo a fine 2011. E un paio d'anni dopo, quando avremo verificato il perfetto funzionamento dei componenti, avremo i veri risultati".

Il 2011 non è un anno qualsiasi. Non a caso, sul sito www.kenergia.it campeggia un conto alla rovescia. Quel giorno finirà l'attuale regime del Conto Energia, il sistema di incentivazione italiano per pagare prezzi agevolati chi immette in rete energia rinnovabile. "È solo per ricordare che, in assenza di indicazioni dal Governo sulle sorti del Conto Energia, l'intera industria naviga a vista".

C'è chi dice che dal 2011 gli incentivi saranno ridotti del 15%, ma non ci sono conferme. "Non ne ho idea – risponde Simoni – dico soltanto che l'industria ha bisogno di certezze. Certo, gli incentivi non dovranno essere troppo bassi, ma neppure troppo generosi, per non ripetere gli errori della Spagna. Ma sono le certezze, che mancano".

Scusi ingegnere, ma perché tenere il Conto Energia fuori dal calcolo della grid parity? Non è vero che alcuni, includendo gli incentivi, calcolano che in Sicilia la grid parity ci sia già? "Certo, ma qui ci interessano i grandi impianti. Gli investitori, le banche, gli operatori hanno bisogno di conoscere i ritorni sugli investimenti senza tener conto degli incentivi. Ci interessa il mercato, non il mercato drogato".

In questo senso, la grid parity - sacro graal di Giovanni Simoni e di tutta l'industria solare - non è un punto di arrivo. Ma il punto di partenza. Almeno per l'economia e la finanza, sarà il vero inizio dell'Era solare.

22 ottobre 2009

 

 

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